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L’acqua alta a Venezia, nella notte tra il 12 e il 13 novembre, ha provocato danni ingenti e due morti.

A Venezia, si parla di “acqua alta” quando il livello della marea supera una determinata soglia di attenzione, ossia quella degli 80 centimetri sopra il livello medio delle acque marine nella laguna. A questa quota sorgono problemi di trasporto e di viabilità pedonale nei punti più bassi della città, come piazza San Marco. Questo ci dà un’idea della gravissima situazione in cui si è trovata Venezia nelle scorse ore, dove la marea ha quasi raggiunto i 190 centimetri.

Venezia oggi è in ginocchio: ci sono danni ingenti e due morti; un 78 enne, a Pellestrina, è rimasto fulminato a causa di un corto circuito e, sempre nella stessa isola, è deceduta anche un’altra persona.

Dopo la marea il livello dell’acqua si è assestato a 144 centimetri e oggi si parla delle cause e di cosa è possibile fare.

Nel 2003 c’è stata l’inaugurazione del Mose, quella che doveva essere la grande opera idraulica che avrebbe salvato Venezia dall’acqua alta, ma in realtà i lavori iniziarono solo nel 2006.

Si decise di risolvere il  problema dell’acqua alta a Venezia con questa opera, molto contestata dagli ambientalisti. Sono passati 16 anni dalla prima inaugurazione e il Mose è ancora lì, inutile e arrugginito, simbolo di un’Italia in ginocchio senza visione del futuro.

Non solo Venezia

Ma il maltempo non ha investito solo Venezia: un violento nubifragio si è abbattuto, più o meno nelle stesse ore anche su Matera, capitale della cultura 2019.

Fiumi d’acqua, detriti e fango si sono riversati sui Sassi, Patrimonio Unescoe in alcune vie degli storici Rioni.

La violenza dell’acqua è penetrata, con molta forza, in alcune abitazioni, provocando gravi danni. A ciò si sono aggiunti allagamenti stradali e notevoli disagi per la circolazione.

A Policoro, oltre al nubifragio, la zona è stata interessata da una tromba d’aria che ha distrutto colture, capannoni agricoli, lidi balneari e alcune abitazioni vicine al mare.

Cosa si può fare?

Svegliarci. L’Italia impieghi tutte le sue energie,  nella salvaguardia del suo patrimonio architettonico. Bisogna ridurre drasticamente il consumo del suolo e recuperare borghi, edifici storici a nuove funzioni.

Ovviamente senza stravolgere e con il rispetto dovuto alla dignità e al decoro di un bene vincolato, è meglio restaurare, consolidare, rifunzionalizzare che lasciare al degrado il patrimonio esistente.

Ce la faremo?